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Contro la jella

Un po' seriamente un po' scherzosamente

3 marzo 2002

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Roberto Tartaglione

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Attenzione, attenzione, attenzione. Parliamo qui in modo scherzoso di superstizioni, di jella e di scaramanzie. Ma prima di tutto dobbiamo dire una cosa molto seria.

La superstizione vera, cioè credere a sciocchezze come la sfortuna, la jella, il malocchio, gli iettatori eccetera può essere una cosa non solo stupida ma anche pericolosissima. In Italia ci sono stati casi di persone che, accusate di "portare jella", hanno perso il lavoro, artisti che non sono stati più chiamati nei teatri perché "portavano sfortuna", cantanti con voce bellissima che non trovavano una sala per concerti perché "alcune voci" dicevano che la loro presenza "portava male". Qualche persona oggetto di queste orribili dicerie è arrivata a suicidarsi per la disperazione.

Insomma: sappiamo bene che l'argomento che trattiamo in modo scherzoso può essere addirittura un dramma.

Detto questo, sappiamo anche che per la maggior parte della gente normale qualche tradizione superstiziosa o qualche modo di dire ironico fa parte solo della "cultura nazionale" e non ha la minima influenza sui comportamenti quotidiani. Solo per questo motivo ne parliamo con leggerezza.


 



Chi è lo iettatore? Non ci sono dubbi: è un tipo arcigno, cattivo, solitario, silenzioso, solitamente magro, pallido o di colorito giallognolo, leggermente curvo e con gli occhi un po' sporgenti, che spesso copre con un paio di occhiali neri, e con sopracciglia folte e unite.

Così lo rappresenta la tradizione popolare e così lo ha interpretato Totò nell'episodio "La patente" del film di Luigi Zampa "Questa è la vita" (1954): Totò è Rosario Chiarchiaro che, perseguitato dalla fama di essere un menagramo, chiede ed ottiene dal giudice la patente di iettatore (si tratta della trasposizione cinematografica di un'opera teatrale di Luigi Pirandello).

Come salvarsi dall'influenza negativa di uno iettatore? Appena lo vedete, puntategli contro la mano con l'indice e il mignolo tesi e le altre dita piegate: cioè fate le corna. È il rimedio migliore per allontanare la mala sorte, il maleficio. Oppure mormorate una formula contro il malocchio (occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio), magari accarezzando contemporaneamente un oggetto portafortuna (amuleto).

Il portafortuna per eccellenza è il corno, rigorosamente rosso e preferibilmente di corallo e fatto a mano (anche se oggi si trova soprattutto in plastica e prodotto industrialmente).

Il corno fin dall'epoca neolitica era simbolo di potenza e di fertilità e quindi era di buon augurio per chi lo possedeva. In corallo, perché la mentalità popolare considerava il corallo una pietra preziosa. Rosso perché è un colore della fortuna. Fatto a mano perché acquista poteri benefici dalle mani che lo realizzano.

Il corno non si compra: si regala, tutt'al più si ruba (scherziamo eh?): in caso di necessità - se vediamo un gatto nero che ci attraversa la strada davanti - dobbiamo sfregarlo energicamente tra le dita. A Napoli si chiama 'o curniciello (il cornetto).

Alcuni modelli di corno sono forniti di gobba. Infatti il gobbo è un altro portafortuna: la sagoma di un gobbo ricorda qualcuno che è curvo sotto il peso di qualcosa. Nel passato questo peso è stato associato alla ricchezza ed alla fecondità. Si usa come il corno.

A Napoli si chiama 'o scartellato.

Molto diffuso come portafortuna è anche il ferro di cavallo: si teneva, e si tiene, appeso dietro la porta d'ingresso, come rimedio contro la jella. Molti raccomandano di appenderlo con le punte rivolte verso l'alto: in caso contrario, la fortuna potrebbe scappare fuori.

Infine il quadrifoglio, considerato un portafortuna non solo per la sua rarità, ma anche per la sua forma che ricorda una croce. Porta fortuna a chi lo trova e a chi lo riceve in dono. Ogni foglia rappresenta una qualità: reputazione, ricchezza, salute e amore sincero. Con scopo benaugurale, il quadrifoglio compare nel marchio dell'Alfa Romeo fin dagli anni Venti.

In ogni caso, ricordatevi di non aprire l'ombrello in casa, di non mettere sul vostro letto monete, ma nemmeno il cappello, di non rovesciare l'olio o il sale sulla tovaglia, di non incrociare le mani dietro la testa, di non sedervi a tavola con altre dodici persone (mai in 13 a tavola), di non uscire di casa il venerdì 17, di non rompere assolutamente uno specchio (ben sette anni di guai).

Che fatica guardarsi dalla mala sorte eh?


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