Horti e villae
Quando i Romani si mettevano comodi
13 ottobre 2002
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Giulia Grassi
No
I Romani dell'età imperiale chiamavano horti le residenze con un grande parco costruite dentro la città ma in aree suburbane (periferiche).
È stato LUCULLO (I secolo a.C.) a iniziare questa moda, con la costruzione dei suoi horti sulla collina del Pincio (e chiamata da allora collis hortulorum, collina degli horti), a Roma. Il suo esempio poco dopo era stato seguito da SALLUSTIO: i suoi horti, tra Quirinale, Viminale e Campo Marzio, erano i più grandi e i più ricchi del mondo romano. Nel III secolo d.C. gli horti occupavano circa un decimo di Roma e formavano una corona di verde intorno al centro.
Negli horti la parte più importante era il grande parco, pieno di piante. C'erano soprattutto i "sempreverdi" (bosso, cipresso, leccio), molto adatti per essere modellati: infatti in quel periodo è nata l'arte "topiaria", cioè la tecnica di 'scolpire' le siepi e le chiome degli alberi in modo da creare figure geometriche, forme fantastiche e, addirittura, intere scene.
Tra il verde c'erano gli edifici: padiglioni adatti alle varie ore della giornata o alle diverse stagioni, portici per il passeggio, fontane, terme, tempietti etc. E poi statue e opere d'arte un po' dovunque.
Caratteristica fondamentale degli horti era la grande quantità d'acqua, necessaria per la ricca vegetazione e per il funzionamento delle numerose fontane e ninfei.
Gli horti erano un luogo di piacere, quasi una piccola reggia; in particolare offrivano al ricco proprietario e alla sua corte la possibilità di vivere isolati, lontano dalla frenetica vita della città, senza doversi realmente allontanare da essa.
A partire dal IV secolo molti dei grandi parchi vennero utilizzati per coltivare piante alimentari (e questo spiega il significato della parola italiana orto), ma è con con le invasioni barbariche che iniziarono le grandi distruzioni.
Di tutte queste meraviglie oggi rimane molto poco: si tratta soprattutto di parte delle strutture architettoniche, mentre le ricche decorazioni - marmi colorati, statue, rilievi, affreschi e stucchi - sono scomparse. Degli Horti di Mecenate, sull'Esquilino, resta solo un padiglione, il cosiddetto Auditorium di Mecenate; così come solo il un grande Ninfeo in rovina testimonia la ricchezza degli Horti Liciniani. Pochissimo è rimasto degli Horti Sallustiani, il più grande parco monumentale di Roma antica, che comprendevano, tra le altre cose, un portico lungo 300 metri, un circo, un tempio dedicato a Venere Ericina. Erano decorati inoltre da moltissime sculture, come quella del Galata morente, ora conservata ai Musei Capitolini, a Roma.
Gli horti a Roma: 1. Cesare 2. Galba 3. Damasippo 4. Antonio 5. Clodia 6. Tito e Cocceio 7. Agrippina 8. Flavi 9. Domizia 10. Pinci 11. Pompe 12. Acilio 13. Lucullo 14. Messalla 15. Sallustio 16. Lollia 17. Domus Aurea 18. Mecenate 19. Lamiani 20. Licinio 21. Tauriano 22. Varrio
Statua del "Galata morente" ai Musei Capitolini di Roma (dagli Horti Sallustiani)
Il termine villa indicava sempre per i Romani una costruzione fuori dalle mura cittadine. In epoca imperiale si faceva una precisa distinzione tra villa rustica e villa urbana.
La villa rustica o "di produzione" era un'azienda agricola per produrre colture pregiate da esportare (vite e olivo) e per allevare animali da cortile, ma anche specie più rare (destinate ai raffinati banchetti). Ci lavoravano masse di schiavi, per lo più prigionieri di guerra, che abitavano in un settore riservato detto ergastulum e vivevano in condizioni molto dure, in alcuni casi inumane.
Dall'altra parte c'era la villa urbana o "di piacere", che veniva in genere costruita in località belle e salubri, sulle pendici di una collina o nelle vicinanze del mare o di un lago: era infatti il luogo dove il ricco cittadino romano trascorreva lunghi periodi di villeggiatura, lontano dalla vita tumultuosa della città. Ma non si trattava della villeggiatura come la intendiamo oggi. Infatti la villa era anche, e soprattutto, un centro di vita culturale, il luogo privilegiato dell'otium.
Quello dell'otium è un concetto elaborato da scrittori come CICERONE (che nella sua villa a Tuscolo, detta Tullianum, ha scritto alcune delle sue opere più famose, come le tuscolanae disputationes), ORAZIO, MARZIALE, GIOVENALE.
Secondo questi scrittori, in villa si fa un tipo di vita che è esattamente l'opposto di quella cittadina. L'uomo importante in città deve indossare sempre la toga ed è ossessionato dal traffico, dai rumori, dall'affollamento, dai clientes (persone che chiedono raccomandazioni e favori) che lo assillano nella sua domus fin dalle prime luci dell'alba: va a finire che non riesce neanche a pensare. Queste attività sono il negotium (da nec otium).
È per liberarsi di tutto questo chi può scappa in campagna, dove l'aria è pura, c'è pace e tranquillità, non è necessario vestirsi formalmente e si può fare una vita più sana, a contatto con la natura. Si mangiano cibi genuini, si fa esercizio fisico e ci si dedica, soli o in compagnia di pochi amici, ad attività come la lettura, gli studi, la conversazione dotta, la meditazione, la composizione di testi. Questo è, appunto, l'otium.
La villa non è quindi semplicemente un tipo di abitazione ma è una vera e propria forma di vita.
Un esempio di villa urbana non lontano da Roma è la Villa di Livia, moglie dell'imperatore Augusto. Una villa di grandi dimensioni, ricchissima, molto famosa per il suo triclinio estivo, decorato sulle pareti con un giardino dipinto: alberi da frutto, cespugli di sempreverdi, piante di fiori e uccelli che svolazzano tra le foglie. Qui si mangiava in estate, al chiuso ma come se si stesse all'aperto, nella natura.
Villa di Livia a Prima Porta (Roma)
A. cisterna; B. piazzale di ingresso; C. grande giardino esterno; D. atrio quadrangolare con impluvio; E. ambulacro a tre bracci destinato a giardino interno; F. impianto termale; G. atrio o peristilio; H. triclinio estivo con giardino dipinto (viridarium); I. basis villae (terrazzamento a sostegno del complesso)
Ancora più grande e lussuosa era la villa di Tiberio, a Capri. Costruita sulla punta orientale dell'isola, a un'altezza di circa 300 metri sul mare e in una posizione quasi inaccessibile, dominava tutto il paesaggio fino a Napoli e al Vesuvio. I ruderi e le rovine rimasti ci danno solo una pallida idea del suo splendore. Ci aiutiamo quindi con uno dei 7 disegni realizzati da Maurice Boutterin nel 1913, nel periodo in cui era borsista all'Accademia di Francia di Villa Medici a Roma.
Villa di Tiberio a Capri, facciata occidentale - disegno ricostruttivo a tempera, acquarello, carboncino e pastello con tratti di inchiostro (cm 170x455)