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I piedi di Caravaggio

Nelle opere di Caravaggio spesso i piedi sono... anticonvenzionali

20 gennaio 2008

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Giulia Grassi

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Caravaggio, tutti lo sanno, è stato un grande pittore, anticonvenzionale e innovatore. Proprio per questo suscitava scandalo e alcune sue opere sono state rifiutate dai committenti.

Una delle accuse più frequenti che gli facevano i critici era che i suoi quadri non avevano "decoro" perché troppo realistici. E quindi le scene non sembravano episodi religiosi, ma rappresentazioni di vita quotidiana: in effetti un contemporaneo di Caravaggio, Joachim von Sandrart, ha interpretato la Vocazione di San Matteo (1600-1601) nella Cappella Contarelli (San Luigi dei Francesi, Roma), quando Gesù chiama Matteo per essere uno dei suoi apostoli, come una scena di gioco, descrivendo Matteo come un giocatore d'azzardo in una taverna.


Caravaggio, la Vocazione di San Matteo, Wikipedia, pubblico dominio

I personaggi religiosi, proseguivano i critici, erano dipinti come persone comuni, e quindi senza la dignità e l'autorevolezza che, secondo le indicazioni della Chiesa, dovevano caratterizzare i santi. È, in effetti, il caso della pala d'altare della stessa Cappella Contarelli, con San Matteo e l’Angelo: quella che vediamo oggi, infatti, è la seconda versione della pala, realizzata dopo il rifiuto della prima.



Di quest'opera rifiutata (a) possediamo solo fotografie perché era conservata a Berlino ed è andata perduta nel 1945, durante la Seconda Guerra Mondiale. Il biografo Giovanni Baglione racconta che i frati tolsero la pala dalla cappella perché

"quella figura [San Matteo] non haveva decoro, né aspetto di santo, stando à sedere con le gambe incavalcate, e co' piedi rozzamente esposti al popolo...” (Le vite de’ pittori, scultori, architetti e intagliatori..., Roma 1642).

Matteo, perciò, non aveva un “aspetto di santo” perché era seduto con le gambe accavallate, con i piedi rozzi e sporchi in evidenza; calvo, con i lineamenti duri e marcati da contadino e un corpo massiccio, era inoltre presentato come un analfabeta, guidato materialmente dall'angelo nello scrivere il testo sacro. Uno scandalo!

Nella seconda versione (b) Caravaggio è meno estremista e raffigura San Matteo con "l'aspetto di santo": è vestito più dignitosamente e, con la penna in mano, guarda l'angelo che gli suggerisce cosa scrivere. I lineamenti del volto sono sempre molto naturali, ed è a piedi nudi, ma la composizione nel suo complesso è più solenne e meno brutale, forse anche perché la posizione del santo deriva da una scultura antica realizzata da Lisippo, Hermes che si slaccia un sandalo (c).

Ma la modernità di Caravaggio è proprio nel modo nuovo di rappresentare le scene sacre, con i personaggi che hanno i volti della gente del popolo, degli emarginati, dei poveri. Non è un caso. A Milano, dove era nato e si era formato come artista, il pittore si era avvicinato al "pauperismo" del cardinale Federico Borromeo, una corrente di pensiero che sosteneva il ritorno della Chiesa alla purezza, semplicità e povertà delle origini (latino pauper = povero), in contrasto con lo sfarzo rinascimentale. Per Caravaggio, quindi, il messaggio di Cristo si esprimeva soprattutto nel mondo degli umili.

Ma che c'entrano i piedi? In molti suoi quadri ci sono personaggi a piedi nudi. Ad esempio, nella tela con la Madonna di Loreto o dei pellegrini (d), in Sant'Agostino a Roma (1604) o nella Madonna del Rosario (e), dipinta a Napoli nel 1606, vediamo pellegrini e fedeli, inginocchiati davanti alla Vergine, con i piedi sporchi e sgraziati in primo piano. E sempre in primo piano, ancora all'altezza degli occhi dello spettatore, sono i piedi nudi di Nicodemo, che sorregge il corpo abbandonato di Cristo nella monumentale Deposizione di Cristo nel sepolcro (1602-1603) (f), ora in Vaticano. Forse per Caravaggio i piedi nudi sono un simbolo di obbedienza e fedeltà - come scriveva Federico Borromeo (De Pictura Sacra, 1624) - e quindi di una fede sincera, come quella dei poveri e degli umili.



Ma sicuramente i piedi più scandalosi dipinti da Caravaggio sono quelli, nudi e gonfi, della Madonna nella tela con la Morte della Vergine (1606), ora al Louvre. Un quadro così sconvolgente che venne rifiutato dal committente.



La morte di Maria, madre di Cristo, viene rappresentata come la fine di un semplice essere umano, in una stanzetta spoglia e povera: Maria appare "scomposta", come se fosse appena morta, con il braccio sinistro abbandonato di lato, quello destro piegato sul ventre, gonfio, le gambe leggermente aperte e la veste sollevata sulle caviglie e i piedi nudi.

“Poiché avea fatto con poco decoro la Madonna gonfia e con le gambe scoperte, fu levata via e la comperò il duca di Mantova e la mise in Mantova nella sua nobilissima galleria” scrive Giovanni Baglione (1642).

Ma c'è qualcosa di ancora più grave. A Roma si diceva che per dipingere la Madonna Caravaggio si era ispirato a una giovane donna morta affogata o, peggio, che nella Vergine il pittore aveva rappresentato “qualche meretrice sozza degli ortacci […] qualche sua bagascia […] una cortigiana da lui amata” (G. Mancini, 1621).

Nel 1994 due studiosi, Riccardo Bassani e Fiora Bellini, hanno identificato la prostituta con Anna Bianchina, "cortigiana”. Figlia di prostituta e prostituta dall'età di dodici anni, con capelli lunghi e rossi, Anna aveva fatto da modella per altri quadri di Caravaggio. Era morta a 24 anni, per una malattia della gravidanza, e forse il pittore ha pensato al suo corpo sformato quando ha dipinto la Vergine, innaturalmente giovane e molto bella anche nella morte.

E sì, in questo quadro i piedi nudi sono l'ultimo problema...



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