Il Tevere prima dei muraglioni
Quando il Tevere scorreva libero dentro Roma
22 febbraio 2004
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Giulia Grassi
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Fino dalle sue origini Roma ha avuto il problema delle inondazioni del Tevere. Periodicamente, il fiume rompeva gli argini e allagava le zone basse della città, in particolare il Campo Marzio, la valle del Circo Massimo e quella del Foro Romano.
Era una vera calamità: le acque in piena provocavano molti morti e il crollo di numerosi edifici. Inoltre quando si ritiravano lasciavano fango e melma stagnanti, causando gravi epidemie, in particolare di tifo.
Per capire cosa avveniva, ci aiutano incisioni e disegni del XVIII-XIX secolo, ma anche foto d'epoca. Molto suggestive sono le immagini che ci mostrano piazza del Pantheon allagata e l’interno del tempio invaso dalle acque fino a metà altezza delle colonne, con barche che lo attraversano.
G.P. PANNINI, Il Pantheon inondato dal Tevere, acquarello, XVIII secolo
Le inondazioni sono tra le cause dell'innalzamento del terreno in molte zone di Roma: il pavimento del Foro di Cesare è 7,80 metri al di sotto di Via dei Fori Imperiali e 2,60 m. al di sopra del terreno vergine; l’area del Circo Massimo è 12 m. al di sotto di Via dei Cerchi; l'Area sacra di Largo Argentina è 7 m. al di sotto del livello attuale, così come tutto il Campo Marzio antico. Ancora oggi sui muri di edifici vicino al fiume si possono vedere delle targhe che indicano il livello raggiunto dall'acqua durante le inondazioni.
Ad esempio, vicino la chiesa di S.Eustachio su una di queste targhe si legge: "NELL'ANNO 1495 IL TEVERE, A CIELO SERENO, CREBBE FINO A QUESTO SEGNO ALLE NONAE (5) DI DICEMBRE - ALESSANDRO VI PAPA - ANNO III".
Questo grave problema è stato "risolto" alla fine del XIX secolo: dopo la terribile inondazione del 29 dicembre 1870, lo Stato Italiano ha deciso la costruzione di muraglioni lungo l'argine del fiume. Ma se questi lavori hanno effettivamente posto fine alle inondazioni, hanno però provocato la distruzione del legame che esisteva tra il fiume e la città da quasi tremila anni. È cambiato radicalmente il paesaggio fluviale, testimoniato da tantissimi quadri e da tantissime foto quadri e foto.
Isaac de Moucheron, Veduta di Roma dal Tevere con bagnanti con l'Ospedale di Santo Spirito e San Pietro, 1695-1697 (Roma, Collezione privata)
Molte costruzioni monumentali lungo gli argini sono state demolite o fortemente alterate. Ad esempio, l'antico ponte Cestio è stato smontato e ricostruito, con l'aggiunta di due nuove arcate; le due rampe originali di ponte Sant'Angelo (antico ponte Elio) sono state sostituite da due archi moderni.
Le distruzioni sono state terribili. Distrutto il porto di Ripa Grande, che si trovava sulla sponda destra del Tevere. Esisteva probabilmente fin dal IX-X secolo - era utilizzato dai pellegrini che andavano a visitare la basilica di San Pietro - ed era stato molto ingrandito soprattutto nel XVII e XVIII secolo, diventando il più importante porto del Tevere. Era dominato dal complesso di San Michele a Ripa, che esiste ancora oggi, e che si estendeva sul lungotevere con una facciata lunga 335 metri e alta 25 m.
Il porto di Ripa Grande in una foto della fine del XIX secolo e quel che resta oggi, Wikipedia, pubblico dominio
Del porto, eliminato per far posto ai muraglioni, resta solo una doppia scala, con le pietre sconnesse e invasa spesso dalle erbacce.
Distrutto anche il porto di Ripetta, che era stato realizzato nel 1704 da Alessandro Specchi, per volontà di papa Clemente XI Albani ... e con l'aiuto di un terremoto: nella costruzione, infatti sono stati usati i travertini (ben 182 carri!) di un'arcata del Colosseo, crollata in seguito al sisma.
Il Porto di Ripetta in una foto della fine del XIX secolo di Lodovico Tuminello, Wikipedia, pubblico dominio
Era un piccolo porto, caratterizzato da grandi scalinate curvilinee ai lati di un emiciclo centrale, dove c'era una fontana a scogliera sormontata da una stella (stemma araldico della famiglia Albani), e da due edifici: l'oratorio di San Gregorio dei Muratori e l'edificio della Dogana, detta la Doganella. Era riservato al traffico fluviale proveniente dall'alto corso del Tevere. Di esso rimangono molte vedute artistiche, ad esempio quelle di Piranesi e Roesler Franz.
Distrutta Villa Altoviti, di fronte al porto di Ripetta. Si trattava di una splendida villa suburbana, edificata fin dal XVI secolo: qui i membri di questa ricca famiglia venivano a trascorrere le ore di "ozio". Sulla riva del fiume si affacciava un portale da cui, attraverso un viale, si arrivava al palazzo; dietro al palazzo c'era un giardino all'italiana ricchissimo di reperti archeologici provenienti dagli scavi di Villa Adriana a Tivoli (proprietà degli Altoviti).
La villa era decorata con affreschi di GIORGIO VASARI, per lo più scomparsi (in parte sono conservati nel Museo di Palazzo Venezia), e il luogo era così suggestivo che è stato riprodotto in molti quadri di vedutisti, come ad esempio Gaspar van Wittel, e in un rarissimo dagherrotipo del 1850 circa.
Veduta di villa Altoviti con Monte Mario all'orizzonte, dagherrotipo, 1850 circa (da: R. LUCIFERO, I giardini perduti di Roma, Roma 1995)
Caduta progressivamente in abbandono, la villa è stata abbattuta nel 1889 per permettere la costruzione dei muraglioni e del nuovo quartiere retrostante, Prati.