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A proposito dell'imperativo

Riepilogo generale

18 marzo 2012

da a2 a b2

Roberto Tartaglione

No

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Il nome "imperativo" fa subito pensare a qualcosa di un po' brutale: a un generale che dà ordini ai suoi soldati, a un capo che comanda a qualcuno di fare qualcosa, a una persona che vieta di fare qualcosa. Insomma, nella migliore delle ipotesi l'imperativo richiama un atteggiamento poco gentile o anche scortese.

Succede spesso però che la nomenclatura grammaticale non sia proprio da interpretare "letteralmente": così come il "passato prossimo" non è necessariamente prossimo e qualche volta è perfino più remoto del passato remoto; così come il "pro-nome" non necessariamente sta al posto del nome; così come il futuro non necessariamente parla di domani, ma qualche volta perfino di ieri; allo stesso modo l'imperativo non necessariamente serve a dare un comando "imperiale".

Distinguiamo quindi - per cominciare - le funzioni più frequenti dell'imperativo:

1. Un vero e proprio "ordine":

  • Togli subito le dita dal naso!

  • Esci da questa casa!

  • Non dire più neanche una sola parola!


2. Un "ordine" molto attenuato, un invito, un consiglio:

  • Prendete carta e penna e scrivete.

  • Prova questo dolce: l'ho fatto io!

  • Non fumare, che ti fa male!


3. Una concessione o una esortazione:

  • Entra, entra pure!

  • Si accomodi! Faccia come fosse a casa sua!

  • Fa' come ti pare, che me ne importa?


4. Una preghiera o anche una supplica:

  • Ascoltami, ti prego!

  • Non lasciarmi, non posso vivere senza di te!

  • Padre Nostro, dacci oggi il nostro pane quotidiano


Questi diversi gradi della forza dell'imperativo possono naturalmente essere resi più evidenti da un opportuno tono di voce e da qualche "parolina" che chiarisce meglio se l'intenzione del parlante è quella di ordinare, di esortare, di chiedere o di supplicare. In particolare dai (dai, non farti pregare!), forza (forza, cammina!), un po' (dammi un po' quel libro), su (su, prova ancora!) ecc.


 

5. Un imperativo un po' speciale

Oltre a queste funzioni proprie dell'imperativo (ordinare, concedere, esortare, invitare, consigliare, pregare) bisognerà qui però ricordarne uno un po' particolare:

Si chiama imperativo con "uso gerundiale": esprime una ripetizione, una continuità, o anche la durata di un'azione.

Si tratta dell'uso tipico in espressioni come "cammina cammina, il nostro eroe arrivò in un paese lontano" oppure "prova oggi e prova domani, il nostro eroe un giorno riuscì a fare quello che voleva" o anche in enumerazioni tipo "e mangia un panino, bevi una birra, assaggia un gelato, prova un liquore, manda giù un dolce al cioccolato, al nostro eroe venne un mal di pancia terribile". In tutti questi casi l'imperativo in seconda persona, che ha una forte caratterizzazione impersonale, sta in qualche modo a sostituire un gerundio con valore temporale e frequentativo.

Più in dettaglio, dove sta la differenza?

Bevendo oggi e = Bevi oggi e

bevendo domani = bevi domani

alla fine il nostro eroe

è diventato un alcolista


Nella prima frase, quella con il gerundio, il rapporto fra il bere e diventare un alcolista è diretto: cioè è lui (il nostro eroe) che beve e conseguentemente è lui che diventa alcolista. Il rapporto di causa-effetto è quindi personalizzato.

Nella seconda frase, quella con l'imperativo, la persona che parla intende dire che "tutti sanno che se si beve oggi e poi anche domani si diventa alcolisti". Quindi il protagonista della storia è diventato alcolista perché ha fatto una cosa che tutti sanno che fa male. In pratica non è stato un caso, ma un destino che (come tutti sanno) è inevitabile.

La frase con l'imperativo, dunque, mostra una realtà "impersonale" o "generale" che poi viene applicata al protagonista della storia. La frase con il gerundio invece parla direttamente del protagonista della storia.

L'uso dell'imperativo con questa funzione "gerundiale" è quindi molto adatto a storie o a espressioni che vogliono avere un carattere didascalico, di insegnamento. Dicendo a una persona la frase Bevi oggi e bevi domani alla fine il nostro eroe è diventato un alcolista, sotto sotto sto dicendo "Vedi? Lui non ha seguito questa norma di comportamento generale, perché non ha voluto o forse non lo sapeva, e si è ammalato. Ma tu ora lo sai, quindi non bere!". Non a caso questo tipo di imperativo è molto presente nei racconti di favole per bambini.

 

6. Imperativo in segnali discorsivi

Infine vediamo quell'imperativo che di imperativo non ha più niente, essendosi cristallizzato in forme che hanno assunto ormai il valore di puri segnali discorsivi.

Parliamo in particolare di espressioni come

guarda/guardate (o con forma di cortesia guardi) - Guarda, non ho mai pensato di cambiare lavoro

vedi/vedete (o con forma di cortesia veda) - Vedi, la vita non è come pensi tu...

senti/sentite (o con forma di cortesia senta) - Sentite, adesso dobbiamo fare qualcosa eh?

scusa/scusate (o con forma di cortesia scusi) - Scusa, hai un momento?

pensa/pensate (o con forma di cortesia pensi) - Pensate! Nell'antica Roma c'erano 12 acquedotti!

Sono poi numerosissime le formule esclamative in cui, quasi inconsapevolmente, usiamo l'imperativo; "frasi fatte" alle quali ricorriamo frequentemente dimenticando del tutto la funzione grammaticale dell'elemento verbale.

Si tratta in pratica di "formule" come

Ma va'!

Ma dai!

Abbi/abbiate pazienza!

Stammi/statemi bene

Senti senti!

Guarda guarda!

Figurati/figuratevi/si figuri

Prima di riassumere e schematizzare le forme dell'imperativo, ancora una piccola nota.

Ci sono almeno due scuole di pensiero: quelli che sostengono che l'imperativo ha sostanzialmente una sola persona (la seconda, quella con il tu) e quelli che sostengono che invece l'imperativo ha cinque persone (tutte escluso la prima).

I primi supportano il loro convincimento con la considerazione che la seconda persona (quella con il tu) è l'unica forma sostanzialmente autonoma: la terza singolare e la terza plurale (lui/lei/loro) altro non sono che un congiuntivo con valore esortativo, quello che nei corsi di italiano viene anche indicato come "imperativo di cortesia". La seconda persona plurale (voi) è (quasi) sempre la stessa forma del presente indicativo. E la prima plurale (noi) coincide pure con la prima plurale del presente indicativo o, se vogliamo, del presente congiuntivo che è uguale.

I secondi considerano invece che la funzione di tutte e cinque le persone è comunque imperativale e quindi non è il caso di sottilizzare sulle "origini" delle varie forme.

Per complicare la vita potremmo dire che simpatizziamo con un'altra scuola di pensiero: l'imperativo "vero" è solo quello con il tu, con il noi e con il voi: queste tre persone hanno infatti in comune la possibilità di assimilare eventuali particelle pronominali (Scrivimi! Scriviamogli! Scrivetegli!), mentre la terza persona singolare e plurale (che è effettivamente un congiuntivo esortativo) non ha questa possibilità (Mi scriva, ci scrivano).

Non perderemo tuttavia il sonno per risolvere questo problema.

Qui indicheremo comunque tutte e cinque le persone: non tanto per convinzioni linguistiche quanto per praticità didattica.




* con le forme va', da', di', fa' e sta', un eventuale pronome raddoppia la consonante iniziale: vacci, dammi, dille, fanne, stacci. (Non raddoppia la g- del pronome gli perché il suono gli è già forte: fagli, digli ecc)

E un ultimo dettaglio...

In latino esisteva l'imperativo presente, ma esisteva anche l'imperativo futuro (memento mori!).

È ovvio che l'imperativo ha sempre un carattere futuro: se dico "mangia!" parlo di una azione che deve ancora avvenire. Che senso ha allora una forma di imperativo futuro?

Be' il senso è solo di massima "solennità". Una solennità che si manifesta anche in italiano usando il normale futuro per dare un ordine che in realtà non è tanto un ordine ma una vera "sentenza" ("Non avrai altro Dio all'infuori di me", dice il primo dei Dieci Comandamenti!), una formula che esprime non solo qualcosa che avverrà ma che deve avvenire per forza.

In italiano colloquiale possiamo del resto usare frasi come: "tu farai quello che dico io, chiaro?", magari non solenni ma certo abbastanza determinate.

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