Nozze d'oltremare
Di come un'insegnante di Scudit ha trovato il Principe Azzurro in Tunisia...
4 aprile 2004
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Simona Barbatano
No
Mio marito ha approfittato di un mio momento di debolezza per chiedermi la mano.
PREMESSA
Ero in Tunisia da pochi mesi. Vivevo una vita onesta e laboriosa, dimentica dello stress di Roma e rassegnata a un nuovo stress, quello del Sahel. Mi ero abituata ad essere svegliata dall'asino dietro casa e ad evitare per la strada i motorini ad uso familiare (quelli che trasportano contemporaneamente tre generazioni, comprese le nonne velate secondo l´uso musulmano). Mi ero affezionata anche al muezzin che 5 volte al giorno ricorda ai comuni mortali che Allah è il più grande. Le mie conversazioni al mercato erano migliorate e, in un misto d´arabo e dialetto, ero arrivata a ordinare patate senza ritrovarmi nelle buste pomodori. Posso dire che mi sentivo ben integrata.
IMPREVISTO
Non chiedetemi perché tre mesi dopo ero in una stanzetta senza finestre del posto di polizia, senza telefono e senza documenti. Mentre cercavo inutilmente tra le "frasi utili" del vocabolario "Voglio un avvocato!" ho rimpianto per la prima volta il Direttore della scuola di Roma, Roberto Tartaglione.
Il mio nuovo Direttore aveva dimenticato evidentemente di regolare il mio visto.
Quella mattina Wissem, non vedendomi al lavoro, ha pensato subito di venirmi a cercare in prigione. Mentre chiariva alla polizia che ero innocua e potevano lasciarmi andare un´idea nefasta gli è passata per la mente: "Se ti sposi con me risolverai tutti i problemi col visto e col permesso di soggiorno".
Beh, mi è sembrata una proposta ragionevole. E poi sapeva anche cucinare.
NOZZE
Poche settimane dopo lo aspettavo a casa a venti minuti dalla cerimonia. Per telefono avevo sentito un rumore sospetto di acque: "Sono sotto la doccia. Arrivo".
L´ho immaginato venirmi incontro con nuvolette di shampo in testa.
Quindici minuti dopo era davanti casa. Mentre venivo malamente spintonata nella macchina, ho ripassato quello che dovevo dire al sindaco:
"Na´am". Si.
Non era difficile. Potevo farcela.
Nella macchina eravamo in 5: io, mio padre, mia madre, mia sorella e Wissem al volante che correva come un pazzo per strade strette e polverose e piene di bambini che giocavano a pallone.
Con il finestrino abbassato, minacciava i passanti per arrivare in tempo al municipio. Il risultato della corsa è stato disastroso per i miei capelli. Capirete che la tentazione di fargliela pagare per il ritardo e l´acconciatura rovinata è stata troppo forte.
Alla domanda di rito: "Vuoi tu prendere Wissem..." ecc. ho risposto con un "forse".
Ma solo all´inizio. Un abbraccio, sig.ra Barbatano in Znati