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Gli antichi romani e la superstizione

Le superstizioni, la magia e il bosco sacro di Anna Perenna

29 aprile 2012

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Giulia Grassi

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(aggiornato settembre 2023)


Gli antichi Romani, famosi per essere un popolo pragmatico e concreto, avevano un debole per il magico, l'occulto, il mistero; ed erano piuttosto superstiziosi.

Veniva considerato di cattivo augurio rovesciare vino, olio e acqua o incontrare per strada muli con un carico di ipposelino (una pianta che ornava i sepolcri); portava sfortuna un cane nero che entrava in casa, un topo che faceva un buco in un sacco di farina, una trave della casa che si spaccava senza motivo. E tutti, proprio tutti (ce lo dice Plinio il Vecchio), dopo aver sorbito un uovo ne bucavano il guscio, o lo spaccavano.

Gli amuleti contro la sfortuna, gli incantesimi malefici e le malattie erano diffusissimi. Molte case avevano sulla porta la scritta 'arseverse' (forse da 'averte ignem', contro il fuoco), per proteggersi dal pericolo dei frequenti incendi. E tanti ricorrevano a scongiuri contro la jella, anche degli insospettabili come Giulio Cesare: ci dice ancora Plinio che il conquistatore, dopo che il suo carro si era rotto durante la celebrazione del Trionfo, recitava sempre uno scongiuro che ripeteva tre volte per garantirsi la sicurezza del viaggio (carmine ter repetito securitatem itinerum aucupari solitum).


 

Nel calendario romano c'erano i giorni considerati favorevoli (dies fasti) e quelli sfavorevoli (dies nefasti) allo svolgimento di alcune attività (compiere atti pubblici, amministrare la giustizia, concludere affari, seminare, partire per un viaggio ecc). Erano infausti il secondo giorno del mese, le none (quinto o settimo giorno a seconda dei mesi), le idi (tredicesimo o quindicesimo giorno). E infauste erano le date di alcuni eventi disastrosi: ad esempio il 18 luglio, data della sconfitta dei romani sul fiume Allia ad opera dei Galli nel 387 a.C. e segnata sul calendario come Clades Gallica (catastrofe gallica). Ricorda un po' il nostro proverbio 'né di Venere né di Marte non si sposa non si parte, né si dà principio all'arte': il martedì e il venerdì come giorni infausti, in cui è vietato partire, sposarsi o avviare qualsiasi.

Un aspetto importante della religione era la divinazione, cioè l'interpretazione del volere degli dèi che si manifestava attraverso dei 'segni'. In grado di capire questi 'segni' erano gli Àuguri, sacerdoti che interpretavano auspicia e auguria osservando il volo degli uccelli: chi non ricorda che il fondatore di Roma, Romolo (Romolo ... e Romoletta), vinse la gara con suo fratello Remo per aver visto un maggior numero di uccelli in volo, provenienti inoltre da una direzione favorevole?

A Roma nessuno intraprendeva un'attività, di qualunque tipo, senza essere certo di avere il consenso degli dèi! E quando si verificavano eventi gravi, incontrollabili o prodigiosi, i Romani correvano a chiedere aiuto ai Decemviri, i sacerdoti addetti all'interpretazione dei "Libri Sibillini", una raccolta di testi profetici scritti in greco e venduti, secondo la leggenda, al re Tarquinio Prisco dalla Sibilla Cumana. Il Tempio di Esculapio sull'isola Tiberina venne costruito proprio su indicazione dei Libri, consultati durante una grave epidemia di peste nel 293 a.C. Erano conservati nel Tempio di Giove sul Campidoglio e, dal 28 a.C., nel Tempio di Apollo sul Palatino.

Una cosa diversa era però considerata la magia, che Plinio il Vecchio definisce "una scienza temibile e perversa", e che era condannata dalla legge romana. Nelle "Dodici Tavole" (451-450 a.C.) si prevedevano sanzioni per chi recitava incantesimi allo scopo di nuocere (malum carmen incantassit). La "Lex Cornelia de sicariis et veneficiis", opera del dittatore Silla (81 a.C.), prevedeva la pena di morte per gli omicidi e per chi praticava riti malefici (mala sacrificia). Inutile dire che la magia, col suo carico di sortilegi e maledizioni, nell'urbe aveva un grande successo.



Un luogo dove venivano praticati riti di magia nera è stato scoperto Roma, a Piazza Euclide, nel 1999, per caso, scavando le fondamenta di un parcheggio interrato. A una profondità di 10 metri sono stati trovati i resti di una fontana rettangolare, con un altare e due basi con iscrizioni (a). Ci sono una data (156 d.C.) e il nome della divinità che vegliava su questo luogo, Anna Perenna (nimphis sacratis Annae Perennae / alle ninfe consacrate ad Anna Perenna).

Anna Perenna era un'antica divinità delle origini, festeggiata il 15 marzo e da alcuni scrittori antichi identificata con Anna, sorella dell'infelice regina di Cartagine Didone, fuggita dopo la sua morte e accolta nel Lazio da Enea. Dalle fonti sappiamo che un bosco sacro (nemus) a lei dedicato si trovava al primo miglio della via Flaminia, che attraversava un'area diversamente da oggi molto verde e poco urbanizzata. La via Flaminia moderna corre non molto lontano da piazza Euclide. E poco lontano si trova anche l'Auditorium, progettato da Renzo Piano tra 1994 e 2002. Qui, durante i lavori, sono stati scoperti i resti di una grande costruzione (b) che, tra rifacimenti e trasformazioni, ha avuto una esistenza lunghissima, dal VI secolo a.C. al III secolo d.C. Una costruzione che alcuni studiosi considerano, assieme alla fontana scoperta a piazza Euclide, come parte del bosco sacro ad Anna Perenna.


Che c'entra tutto questo con la magia nera? C'entra, perché gli archeologi oltre alla fontana di Anna Perenna hanno anche trovato oggetti che indicano che nel periodo tardoimperiale in questo luogo si compivano riti oscuri. Si tratta di recipienti formati ciascuno da tre cilindri di piombo messi l'uno dentro l'altro (come le matrioske) e tutti sigillati ermeticamente (c); il più interno contiene la fattura e un pupazzetto di forma umana impastato con acqua, farina e miele, che veniva infilato a testa in giù e rappresentava la persona da maledire (d). Si sono trovate anche una ventina di defixiones, cioè sottilissime lastre di piombo con sopra incise fatture e maledizioni. Defixiones e recipienti cilindrici venivano buttati nella fontana affinché raggiungessero l'aldilà attraverso i canali di deflusso dell'acqua.



Ma non era sempre stato così. Nei secoli precedenti questi boschi avevano visto riti meno oscuri e molto più vitali. Il 15 marzo, festa della dea e in epoca pre-imperiale coincidente col capodanno, il popolo si riversava nei prati e nei boschi. Si piantavano tende, si facevano ripari con rami e frasche, si danzava, si prendeva il sole, si faceva l'amore e, soprattutto, si beveva senza freno, perché "si augurano tanti anni quante sono le coppe che tracannano" (Ovidio, Fasti, vedi sotto). Una festa irresistibile, tanto è vero che questa data, le celebri idi di marzo, fu scelta per uccidere Cesare proprio perché Roma era deserta.


Nelle Idi si celebra la gioiosa festa di Anna Perenna non lontano dalle tue rive, o Tevere che giungi qui forestiero. Viene la plebe, e sparsa qua e là per la verde erba s’inebria di vino, e ognuno si sdraia con la propria compagna. Parte resistono sotto il nudo cielo; pochi piantano le tende; alcuni con rami fanno una capanna di frasche; parte, piantate canne invece di rigide colonne, vi pongono sopra le toghe dopo averle dispiegate. Ma si scaldano di sole e di vino, e si augurano tanti anni quante sono le coppe che tracannano, e le contano bevendo. Lì troverai chi beve gli anni di Nestore, e donne che per il numero delle bevute si sarebbero mutate in Sibille. Lì anche cantano tutto ciò che imparano a teatro, e accompagnano le parole con agili gesti delle mani; deposte le coppe intrecciano rozze danze, e l’agghindata amica balla con la chioma scomposta. Al ritorno barcollano, dando spettacolo di sé a tutti, e la gente che li incontra li chiama fortunati. (Ovidio, Fasti, III)
 

Per saperne di più

• Uncovering Anna Perenna: A Focused Study of Roman Myth and Culture, G. McIntyre, McCallum (eds), London 2019

• C. SANCHEZ NATALIAS, Magical Poppets in the Western Roman Empire: a Case Study from the Fountain of Anna Perenna, in The Ritual Year 10. Magic in Rituals and Rituals in Magic, Edited by T. Minniyakhmetova, K. Velkoborská, Innsbruck - Tartu 2015, pp. 194-202

• M. GUI, Ut annare perennareque commode liceat: Anna Perenna e il capodanno, Università degli Studi di Padova, Tesi di Laurea, Anno Accademico 2013/2014

• M. PIRANOMONTE, F.M. SIMÓN, The Daemon and the Nymph: Abraxas and Anna Perenna, in Meeting between Cultures in the ancient Mediterranean, Congresso di Archeologia A.I.A.C., Roma (22-26 settembre 2008), «Bollettino di Archeologia on-line», volume speciale (2010), pp.1-15 (https://bollettinodiarcheologiaonline.beniculturali.it/wp-content/uploads/2021/08/1_PIRANOMONTE.pdf)

• G. CALCANI, L’iconografia di Didone, in Il mito di Didone nel Tempo, Atti del seminario del 10 gennaio 2007, Università degli Studi Roma Tre, pp. 22-56 (https://www.queendido.org/monografiaDidone.pdf)

• F. SANTUCCI, Superstizione e magia nell'antica Roma, Napoli 2005

• M.T. D'ALESSIO, H. DI GIUSEPPE, La villa dell’Auditorium a Roma tra sacro e profano, in Roman villas around the Urbs. Interaction with landscape and environment, Proceedings of a conference held at the Swedish Institute in Rome (September 17–18, 2004) Eds. B. Santillo Frizell, A. Klynne, Rome 2005, pp.177-196

• Le dimore degli dei. La religione ufficiale dell'antica Roma e la sua organizzazione, «Roma archeologica», XX Itinerario, Napoli 2003

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