La stazione Termini
La stazione di Roma ieri, l'altro ieri e tremila anni fa
5 giugno 2005
c1

Giulia Grassi
No
(aggiornato settembre 2023)
I turisti che oggi arrivano a Roma in treno, trovano ad accoglierli una stazione piuttosto bella e funzionale, con negozi, librerie, bar, ristoranti e un'area per le esposizioni d'arte. È la nuova Stazione Termini: 'nuova' perché la costruzione, progettata negli anni Trenta del XX secolo dall'architetto Angiolo Mazzoni, è stata ristrutturata da poco tempo, per il Giubileo del 2000. Il nome Termini deriva dalla sua vicinanza alle antiche Terme di Diocleziano, ma il quartiere in cui si trova è abbastanza moderno, perché è nato dopo il 1870, quando Roma è diventata capitale del Regno d'Italia.
La Stazione fa parte del rione Esquilino; il nome del rione deriva da quello del colle, uno dei famosi sette colli di Roma. Non è una zona monumentale: grandi palazzi, pochi spazi verdi, molto traffico e molto rumore, anche perché nella piazza davanti alla stazione, Piazza dei Cinquecento, ci sono i capolinea di decine di linee di autobus, gli ingressi alla metropolitana e il parcheggio dei taxi. E prima, com'era? Cosa c'era al posto delle rotaie e delle strade intasate da automobili e autobus? Non ci crederete, ma questa era una zona piena di giardini, fontane e spazi aperti. Qui c'era di una grande villa aristocratica, Villa Montalto Peretti.
Secoli XVI-XIX
Per circa tre secoli l'area dove si trova la Stazione Termini è stata occupata da una bellissima villa rinascimentale, la più grande costruita dentro le mura aureliane e una delle più sontuose. Era la villa del cardinale Felice Peretti, poi diventato papa col nome di Sisto V e famoso "innalzatore di obelischi".

Planimetria di villa Montalto-Peretti, incisione di G.B. CIPRIANI, 1836 (antiche stanze, fig. 1, pag 192)

Area della villa oggi occupata da Stazione Termini e palazzi (antiche stanze, fig.2, pag. 195)
Dal 1576 il grande architetto Domenico Fontana aveva lavorato alla realizzazione di questa villa. Si trattava di un'area vastissima, con edifici (come il Palazzo alle Terme e il Casino Felice), viali alberati, giardini, frutteti, fontane, peschiere e numerosissime statue, antiche e moderne (ad esempio, il Nettuno e Glauco di Gian Lorenzo Bernini, che oggi si trova al Victoria and Albert Museum). La facciata principale era a occidente, proprio davanti alle rovine delle Terme di Diocleziano. Era un luogo incantevole, ammirato dai viaggiatori stranieri che venivano a fare il Grand Tour in Italia.Nel 1696 la villa era stata venduta al cardinale Giovanni Francesco Negroni, e nel 1789 era stata acquistata dal marchese Camillo Massimo.

G.B. FALDA, Veduta del Casino Felicee dei giardini, incisione del XVII secolo (RIBOUILLAUT, La Villa Montalto, fig.7)

G.F. VENTURINI, Fontana dei Leoni e ingresso principale ai giardini, incisione del XVII secolo (RIBOUILLAUT, La Villa Montalto, fig.3)

Fontana dell'acqua Pia davanti alla facciata di Villa Montalto (di fronte alle Terme), foto della fine del XX secolo (LUCIFERO, Guida ai giardini, fig.8, pag. 41)
Quando nel 1865 i papi decidono di costruire una grande stazione ferroviaria, i Massimo vendono la loro proprietà alla Chiesa. I lavori continuano con lo Stato Italiano, dopo il 1870: a mano a mano che si va avanti con la stazione, vengono distrutti gli edifici, i giardini, le fontane della villa: la distruzione è totale. Si salva solo la cosiddetta Fontana del Prigione, che è stata ricollocata, sia pure senza la statua di prigioniero che gli ha dato il nome, sul Gianicolo (via Manara). Con i lavori urbanistici di Roma capitale, alla fine del XIX secolo, la distruzione sarà la sorte riservata alla maggior parte delle ville romane, in particolare alle ville esquiline.

La Stazione Termini di Salvatore Bianchi, 1874 (MONTUORI, Tra Architettura e Storia, fig. 8)
Certo, la stazione progettata per i papi da Salvatore Bianchi è molto elegante: la struttura centrale ha una copertura in ferro e vetro, come andava di moda nell'architettura di fine secolo, ed è fiancheggiata da due edifici "gemelli" più classicheggianti, con tante colonne e cornici scolpite. Dopo sessant'anni questa bella costruzione verrà abbattuta per realizzare l'attuale stazione del Mazzoni.
Secoli VI/VII - XVI (Medioevo e dintorni)
Per tutto il Medioevo e fino alla costruzione della Villa del Cardinale Peretti, dal 1576, la zona dove oggi si trova la Stazione Termini era distante dalla città vera e propria perché i romani vivevano soprattutto nel Campo Marzio, a Trastevere e intorno al Vaticano. Qui invece era aperta campagna, con zone collinari, stradine tortuose, orti e vigneti. Qua e là c'erano dei casali rurali, spesso costruiti utilizzando precedenti strutture antiche: all'epoca dell'impero romano, infatti, questa zona era densamente abitata, ed era stata protetta dalle mura aureliane. Ma i barbari avevano saccheggiato le case e i monumenti, e distrutto gli acquedotti: col tempo era diventata una zona disabitata, e solo due opere monumentali antiche sopravvivevano, le Terme di Diocleziano e l'aggere (terrapieno) delle mura repubblicane (quelle che tutti chiamano "mura serviane").

Etienne Du Perac, Pianta di Roma, 1577 (Antiche Stanze, fig. 1, pag. 14) 1. Colosseo 2. Basilica di Santa Maria Maggiore 3. Terme di Diocleziano 4. Mura Aureliane con i Castra Praetoria (oggi: Castro Pretorio) S. Area oggi occupata dalla Stazione Termini
Secoli I - VI/VII d.C. (da Roma imperiale agli inizi del Medioevo) In epoca imperiale la zona era molto vivace. C'erano, naturalmente, le Terme di Diocleziano, le più grandi di Roma e del mondo romano, costruite tra il 298 e il 306. Anche se completamente saccheggiate e in parte distrutte, le possiamo ammirare ancora oggi. La zona della Stazione Termini vera e propria (edificio e binari) era invece occupata da numerosi horti, enormi residenze aristocratiche caratterizzate da giardini, fontane, laghi, sculture...: insomma, gli antenati delle ville rinascimentali e barocche, come villa Montalto-Peretti. Ad esempio, gli Horti Liciniani e i più antichi Horti di Mecenate.
Dove oggi c'è Piazza dei Cinquecento, c'era invece un quartiere del II secolo d.C. C'era tutto: abitazioni di lusso (domus) e palazzi di 2-3 piani con appartamenti in affitto (insulae); magazzini e negozi (taberne), tra cui una fullonica (lavanderia); strade asfaltate e anche un balneum, cioè un piccolo edificio termale.

Veduta dall'alto di alcune stanze della domus (ambienti E8-E9), con mosaici pavimentali e affreschi sulle pareti (Antiche Stanze, fig. 2, pag. 97)

Particolare di una stanza con mosaici e affreschi (Antiche Stanze, quarta di copertina)
È possibile visitarlo? No, perché non esiste più. Tra il 1939 e il 1950, anno dell'Anno Santo, qui ci sono stati grandi lavori urbanistici: la Stazione Termini di Mazzoni, Piazza dei Cinquecento e la prima linea metropolitana della città (oggi linea B). Scavando per fare i lavori, sono tornati alla luce i resti del quartiere, con stanze affrescate e pavimenti a mosaico, e oggetti della vita quotidiana. Tutto è stato misurato, fotografato... e poi distrutto! Si sono salvati i mosaici e pochi resti di affreschi. Solo le fotografie, come quelle che vedete sopra, ci raccontano la storia di questo quartiere scomparso.
E non è finita.
Secoli VIII-I a.C. (Roma in età arcaica e repubblicana)
Secondo gli archeologi, nel X-IX secolo a.C. su Palatino, Campidoglio e Quirinale nascono dei piccoli villaggi con capanne di fango e paglia. Intorno alla metà dell'VIII secolo il villaggio che sorge sul Palatino prende il sopravvento sugli altri e un re, che i romani chiameranno Romolo, lo trasforma in una città, Roma.
E l'Esquilino? Proprio per la sua ampiezza, il colle ha avuto uno sviluppo urbanistico particolare, con caratteri diversi tra il settore occidentale e quello orientale.

Plastico di Roma in epoca arcaica (Roma, Museo della Civiltà Romana), modificata per la lettura (Wikipedia, Creative Commons)
Il settore occidentale viene compreso entro il perimetro delle mura costruite dal re Servio Tullio (578-534), le Mura Serviane. Costruite con grandi blocchi di tufo "cappellaccio" e lunghe circa 11 chilometri, esse racchiudevano Palatino, Campidoglio, Quirinale, Viminale, parte dell’Esquilino e la quasi totalità del Celio. La difesa della città tra Porta Esquilina (Esquilino) e Porta Collina (Quirinale) era spettacolare: era lunga 1,5 Km lungo l’altopiano, alta almeno 5 metri, protetta dall’aggere (un terrapieno di terra e sassi poggiato alla base interna del muro) e preceduta da un largo fossato. Si pensa che un tratto delle mura, quello con la porta Viminalis , si trovasse dove oggi c'è Piazza dei Cinquecento, davanti alla Stazione Termini. La porta esquilina sopravvive, trasformata in un arco trionfale, addossata alla chiesa di San Vito (vicino a via Carlo Alberto).

Cosiddette Mura Serviane alla Stazione Termini (Wikipedia, pubblico dominio)
Di queste mura rimangono pochi resti ma è possibile avere un’idea del loro percorso: il percorso delle nuove mura (mura repubblicane), costruite dopo il 378 a.C., ricalca probabilmente quello delle mura serviane, ampliandone l'estensione. Il tratto più lungo di queste mura rimasto in piedi si può ancora vedere sul lato orientale della Stazione Termini.
Quindi il settore occidentale dell'Esquilino, protetto dalle mura, è stato abitato fin dall'epoca più antica: con Trastevere, era la zona più popolosa della città. Il settore orientale del colle, invece, quello al di fuori delle mura, per circa ottocento anni è stato occupato da un enorme cimitero, la necropoli esquilina. Proprio nella zona di Termini c’era il Campus Esquilinus, il "cimitero dei poveri". Era una zona terribile, malsana e puzzolente: i poveri, gli schiavi, i giustiziati e chi svolgeva lavori infami (ad esempio i lanisti, che organizzavano i giochi gladiatorii, e gli attori, mimi e musici) erano buttati entro fosse comuni, dette puticoli. Erano fosse a cielo aperto, dove i cadaveri in decomposizione attiravano lupi e uccelli rapaci, che divoravano i corpi [insepulta membra differunt lupi / et Esquilinae alites (i lupi e gli uccelli dell'Esquilino spargono le membra insepolte), scrive il poeta Orazio]. Più che un cimitero era una discarica, dove i romani buttavano anche i rifiuti e le carogne degli animali.
Le cose cambiano quando Mecenate, consigliere e amico dell'imperatore Augusto, tra il 42 e il 35 a.C. bonifica la zona per costruire i suoi horti, gli horti Maecenatis. Scrive ancora Orazio: Ora si può abitare sull'Esquilino reso salubre (nunc licet Esquiliis habitare salubris) e passeggiare al sole sull'aggere, da dove poco fa tristi si guardava un campo informe biancheggiare di ossa. La necropoli viene in parte eliminata interrando alcune zone, e Mecenate dà il via alla trasformazione dell'Esquilino in un altopiano dove molti altri aristocratici realizzeranno i loro favolosi horti.

Veduta dell’interno dell’Auditorium di Mecenate (CHINI, L’Auditorium, fig. a p. 19)
Dei magnifici horti di Mecenate rimane visibile assai poco, nella zona vicino a Piazza Vittorio: si tratta di quello che è conosciuto come Auditorium di Mecenate (a sinistra). Ma non lasciatevi ingannare dal nome. Non era una sala per la musica ma un ninfeo - coenatio, cioè una sala da pranzo con le pareti ricoperte di affreschi (fregi floreali, paesaggi e giardini, uccelli) e una piccola cascata d'acqua corrente, per mangiare al fresco... Non si può dire che Mecenate non sapesse vivere piacevolmente.

Uccellino in volo, dettaglio degli affreschi in una nicchia absidale dell’Auditorium di Mecenate (CECCHERELLI, L’Auditorium, fig. a p. 21)
Prima di Roma (2° millennio a.C.)

Ricostruzione della palude del Foro Romano (VIII sec. a.C.). Studio Inklink (CEFIS, Sacri boschi, 2019)
Un fiume che scorre tra una serie di colline di origine vulcanica, coperte da boschi e da una vegetazione molto abbondante, numerosi ruscelli e sorgenti, grotte, e molte paludi nelle valli tra i colli, anche a causa delle frequenti esondazioni del Tevere: così appare 1500 anni prima di Cristo il territorio della futura città di Roma. Ad est si trova il colle più esteso, caratterizzato da tre cime. Il suo nome sarà Esquilino (da esquilinus, "chi abita al di fuori della città", l'opposto di inquilinus, "chi abita dentro la città"), mentre le sue cime saranno chiamate Cispio (la più alta), Fagutale e Oppio (la più grande).

Carta idrologica del territorio romano (LOMBARDI, CORAZZA, L’acqua e la città, fig.2)
A nord l'Esquilino è separato dal colle Viminale da una valle attraversata da un torrente, lo Spinon, che si butta in una delle tante paludi del fondovalle, il Velabrum Minus (dove sorgerà il Foro Romano). A sud l'Esquilino è separato dal colle Celio da un'altra valle con un altro ruscello, il fosso Labicano, che attraversa la zona dove oggi c'è il Colosseo e si butta in un'altra palude, il Velabrum Maius (dove sono le chiese di San Giorgio al Velabro e Santa Maria in Cosmedin). Il percorso del ruscello corrisponde, in parte, alla moderna via Labicana: chi scende nei sotterranei della vicina chiesa di San Clemente può ancora sentire il rumore dell'acqua, che ormai da secoli scorre sotto terra.
A ovest dell'Esquilino c'è il colle Palatino, dove tutto è cominciato circa otto secoli prima di Cristo...
Per saperne di più
F. MONTUORI, Tra Architettura e Storia: “Un monumento non monumentale”; la Stazione Termini (fino al progetto 1947-50), About Art Online, 2019 (https://www.aboutartonline.com/tra-architettura-e-storia-un-monumento-non-monumentale-la-stazione-termini-fino-al-progetto-1947-50/)
A. SEIDEL, The Peretti Montalto Collection of Sixteenth and Seventeenth Century Sculptures, «Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana», 43 (2017/2018), pp. 181-217 (file:///C:/Users/Giulia/Downloads/88650-Artikeltext-235783-1-10-20220421.pdf)
D. RIBOUILLAUT, La villa Montalto et l’idéal rustique de Sixte Quint, «Revue de l’art», 173 (2011), pp. 33-42
E. GAUTIER DI CONFIENGO, Il Quartiere di Porta Viminalis Un contributo alla carta archeologica dell'Esquilino, «Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma», Vol. 108 (2007), pp. 221-246
P. CHINI, L’Auditorium di Mecenate, «Forma Urbis», V/2 (2000), pp. 19-23
A. CECCHERELLI, L’Auditorium di Mecenate, «Forma Urbis Collana Archeologica», n. 1 (1997)
Antiche Stanze. Un quartiere di Roma imperiale nella zona di Termini, Catalogo della mostra, Museo Nazionale Romano Terme Diocleziano Roma (dicembre 1996 - giugno 1997), Roma 1996 (Quartiere imperiale a Piazza dei Cinquecento)
R. LUCIFERO, Guida ai giardini perduti di Roma, Roma 1995
Foto in:
A.M. CEFIS, Sacri boschi, «Ad Maiora Vertite», 2 febbraio 2019, da ‘Studia Humanitas – παιδεία’, https://studiahumanitatispaideia.blog/2019/02/10/sacri-boschi/)
I. LOMBARDI, A. CORAZZA, L’acqua e la città in epoca antica, in La Geologia di Roma dal centro storico alla periferia, parte prima, Firenze 2008, pp.189-219, fig. 2)