Nota sui verbi pronominali
Tipologie ed esempi
17 settembre 2000
b2
Roberto Tartaglione
No
(aggiornato ottobre 2023)
Intendiamo qui per verbi pronominali tutti quei verbi che hanno un proprio significato quando vengono usati insieme con una o due determinate particelle pronominali. In questo senso sono pronominali anche i verbi riflessivi i quali però meritano una trattazione a parte.
Guardiamo il verbo prendere: usato nella sua forma "normale" (cioè non-pronominale) prendere si usa in frasi come prendere un libro o anche prendere un caffè ecc.
Nella forma pronominale prenderla significa invece avere una certa reazione davanti a un fatto, spesso spiacevole. Per esempio: Quella persona ha perso il posto di lavoro ? E come l’ha presa?
Esiste poi la forma pronominale prendersela (forma che usa perciò il pronome riflessivo si più la particella pronominale la). Il verbo prendersela ha addirittura due significati. Il primo è offendersi, restar male davanti a qualcosa. Per esempio: lui ha parlato male dei miei amici e io me la sono presa. Il secondo significato (prendersela con qualcuno) si riferisce a un atteggiamento ostile verso qualcuno, aggredire qualcuno o dargli qualche colpa. Per esempio: Capisco che tu sia nervoso, ma non devi prendertela con me!
I verbi pronominali, in italiano, sono molto numerosi e molto usati nel parlato e nello scritto: sono tutti fortemente espressivi e quindi rendono la lingua molto viva e colorita. Nella maggior parte dei casi i verbi pronominali fanno parte di locuzioni verbali cristallizzate: per esempio non esiste la forma assoluta poterne ma solo l'espressione non poterne più; non si usa la forma assoluta farsene ma solo la costruzione farsene una ragione; non si usa farla ma ci sono espressioni come farla facile, farla difficile, farla lunga, farla breve ecc.
Le particelle pronominali semplici usate nella costruzione di questi verbi sono sono -ci, -la, -le, -ne. Ci sono poi verbi pronominali composti con la particella -ci- più un altro pronome come -la o -ne (-cela, -cene); ci sono infine verbi pronominali composti sulla base di una forma riflessiva più un altro pronome (-sela, -sene e anche -cisi). In schema:
Proviamo ora a dare una lista (parziale!) di quei verbi pronominali (esclusi i riflessivi) che hanno per lo più un significato autonomo, che non devono perciò necessariamente far parte di una locuzione o costruzione.
Il significato dei verbi che elenchiamo ora va controllato o su un (ottimo) dizionario o, meglio, con un insegnante o un italiano madrelingua.
andarsene Corrisponde nel senso al verbo andare. Ma è più "partecipato" da parte di chi parla: "vado" è sentito come più formale e neutro (in vacanza il Presidente del Consiglio va al mare) mentre "me ne vado" esprime una partecipazione di tipo sentimentale (io in vacanza me ne vado sempre al mare) e può manifestare allo stesso modo rabbia (vattene!), gioia (dove te ne vai di bello?), pigrizia (voi andate al cinema? No, io me ne vado a casa) o qualunque altra caratteristica "emotiva" di chi parla)
aspettarsela Davanti a un fatto inaspettato posso reagire con sorpresa (questa non me l'aspettavo!) o con rassegnazione (Me l'aspettavo, forse non così presto ma sapevo che sarebbe successo!). Si può anche usare dopo aver sorpreso qualcuno per sottolineare la propria gioia di sorprendere (Sono arrivato 10 giorni prima del previsto: non te l'aspettavi, eh?) o anche con un po' di cinismo dopo una mossa che lascia tutti senza fiato (questa non ve l'aspettavate da me, vero?)
avercela Ha due significati: 1) avere qualche cosa contro qualcuno, essere contro qualcuno o essere arrabbiato con qualcuno: io ce l'ho con te perché non mi hai telefonato; ce l'ho con lui perché è disonesto; non ce l'ho con loro ma con me perché mi sono comportato da stupido, ecc. Si può anche avercela con qualche cosa: ce l'ho con il destino; ce l'ho col mondo intero. 2) rivolgersi a qualcuno, specialmente se questo qualcuno non sente o fa finta di non sentire: ehi, guarda che ce l'ho con te, dico proprio a te, sto parlando con te; non dico a te, ce l'ho con lui; ma che stai dicendo? Ce l'hai con me?; in questo caso è un po' polemico e provocatorio.
averci In tutta Italia e specialmente nel centro-sud il verbo averci sostituisce il verbo avere (non però quando è usato come ausiliare di verbi diversi da avere stesso): c'ho fame, c'ho un motorino, che c'hai?; si può anche sentire c'ho avuto un problema (quindi il verbo averci come ausiliare di avere), ma non esiste c'ho letto, c'ho comprato, c'ho dormito (a meno che quel ci non abbia un reale valore pronominale). La forma averci è usata quasi esclusivamente nel parlato. Per lo scritto esiste anche un problema ortografico: si scrive c'ho o si scrive ci ho? Una soluzione a questo drammatico problema è ancora da trovare.
Va ancora detto però che quel "ci" di averci, sentito così colloquiale, è obbligatoriamente ripristinato nello scritto e nel parlato in formule come Hai una penna? Sì, ce l'ho.
battersela Scappare, andare via davanti a una situazione che in qualche modo ci spaventa. Ha un piccolo valore ironico per cui non si usa in situazioni realmente gravi o drammatiche ma in circostanze più normali o quotidiane: a quella festa erano tutti professori di filosofia! Una noia! Appena ho potuto me la sono battuta!; appena sono arrivati i genitori i bambini se la sono battuta. Si usa molto nella costruzione battersela a gambe levate. Significato simile hanno i verbi darsela, filarsela e svignarsela.
bersela Credere ingenuamente a qualcosa di falso, a volte anche di evidentemente falso: gli ho raccontato che sono un agente segreto e lui se l'è bevuta!
cantarsela Si usa solo nel contesto di me la canto e me la suono, che significa faccio tutto a modo mio senza dover rendere conto a nessuno. Una persona proprietaria di giornali e televisioni, per esempio, possiamo dire che controlla gran parte dell'informazione. Quindi se la canta e se la suona un po' come vuole.
capirla Questo pronome la si riferisce a un "la storia, la faccenda" sottinteso. Quindi quando si dice: "Ma insomma, non l'hai ancora capita?" si intende dire "non hai ancora capito come stanno le cose?"
cavarsela Mentre il verbo cavare (tirare fuori, estrarre) in italiano ha una scarsa frequenza d'uso (si usa in poche espressioni come cavare un dente, cavare un occhio, o nella forma idiomatica non cavare un ragno dal buco) il verbo cavarsela è usato in diverse situazioni.
Il significato generale è quello di riuscire a venir fuori da un problema, superare una difficoltà, se non in modo brillante almeno in modo accettabile.
Parli italiano? Me la cavo!, significa (forse con un po' di modestia) che riesco certo a comunicare. Com'è andato l'esame? Me la sono cavata, cioè l'ho superato. Oppure davanti a un malato: come sta? Se la caverà, significa che non morirà che supererà la malattia.
Se aggiungo al cavarsela una espressione come per un pelo, oppure per il rotto della cuffia, significa che il problema è stato sì superato, ma non in modo appena sufficiente: all'esame me la sono cavata per un pelo (con il minimo dei voti)
darle/darne/darsele Si parla di dare schiaffi, pugni o comunque botte; picchiare. Per lo più è un gergo familiare (quand'ero bambino mia madre me le dava; invece mio padre non me ne ha mai date). Sempre con questo senso familiare (e perciò abbastanza ironico) si può usare questo verbo parlando di una rissa fra due persone o di un incontro di boxe (quante gliene ho date! Se ne sono date di santa ragione!)
darsela Ha lo stesso uso di battersela (vedi); sinonimo anche di filarsela e svignarsela
dirne Dire a qualcuno qualcosa di duro, senza "peli sulla lingua"; può significare anche offendere o prendere a male-parole: quante glene ho dette!; me ne ha dette di tutti i colori! Voglio dirgliene quattro!; oppure ironicamente: lui me ne ha date, ma quante gliene ho dette!
dormirsela Significa semplicemente dormire, ma essendo un verbo pronominale ha un valore più partecipato e sottolinea la tranquillità, la serenità di chi dorme, indifferente a tutto quello che lo circonda: noi qui a lavorare per lui e lui se la dorme beato!
entrarci Ad altissima frequenza d'uso sono le espressioni: che c'entra? oppure: questo non c'entra (o non centra per niente!).
Con una spiegazione estesa, il senso è quello di non avere relazione con quanto si sta dicendo, essere "fuori argomento": si usa spesso nel linguaggio colloquiale anche per contraddire l'interlocutore, per dire "sì, lo so, ma io sto dicendo un'altra cosa", oppure "non è questo il problema", "ma che stai dicendo?". Per esempio: se io parlo bene del cinema italiano e una persona che mi dice "i film americani sono più belli dei film italiani" posso rispondere: "Che c'entra! Non si può fare un paragone così!".
Il verbo entrarci può anche essere usato in persone differenti dalla terza: mi chiedono se sono responsabile di una cosa e rispondo "No, io non c'entro", sono fuori da questa questione.
Un'ultima particolarità: il verbo entrarci è coniugato raramente nei tempi composti.
farcela Riuscire a raggiungere un obbiettivo, un traguardo; avere il risultato che sembrava impossibile ottenere: più generalmente riuscire a fare qualcosa.
Si può usare per offrire aiuto a qualcuno: ce la fai da solo o ti serve una mano?; oppure per manifestare gioia per un risultato ottenuto (o dispiacere per qualcosa che non si è riusciti a fare): è stato difficile ma alla fine ce l'ho fatta! (ho provato in tutti i modi ma non ce l'ho fatta!). Molto usata è poi l'espressione non ce la faccio più! che significa basta, sono stanco, non posso andare avanti.
Ci fermiamo qui? Per chi vuole approfondire: Roberto Tartaglione - Susanna Nocchi, Grammatica avanzata della lingua italiana. Con esercizi, Alma Edizioni 2009