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Vietato vietare: mutande pazze

Mettere le mutande alle opere d’arte

23 gennaio 2005

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Giulia Grassi - Roberto Tartaglione

I materiali di Matdid sono scaricabili liberamente come supporto per lezioni di italiano. Ne è vietata la pubblicazione su carta o in formato digitale salvo autorizzazione.

(aggiornato gennaio 2018)

 

La storia dell'arte è piena di quadri ritoccati, affreschi ridipinti, statue modificate. I motivi? Politici e, soprattutto, religiosi e morali. Insomma: i divieti, nelle immagini, sono sempre stati fortissimi!

Qualche esempio?

Gli antichi romani: quando moriva un personaggio violento o crudele (o comunque giudicato così dai successori), c'era la damnatio memoriae (condanna della memoria): l'eliminazione di ogni suo ricordo (nome, iscrizioni sugli edifici, ritratti).

Così è successo, per esempio, per l'imperatore Domiziano (81-96).

Ma una sua statua equestre - ora conservata nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei, a Baia - si è salvata, anche se con una... piccola censura.


Interessanti, e qualche volta divertenti, sono le censure fatte in Italia tra la seconda metà del XVI secolo e il XVII secolo, dopo la "Controriforma" cattolica.

Per la Chiesa di Roma le immagini erano il mezzo migliore per diffondere il messaggio cristiano e quindi gli artisti dovevano seguire regole precise: rappresentare con esattezza solo quello che c'era scritto nella Bibbia, senza togliere o aggiungere nulla; rappresentare le figure sacre con "decoro" (piene di dignità e autorevolezza); raffigurare i personaggi in modo chiaro, per far riconoscere subito il soggetto dell'opera (ad esempio, gli angeli dovevano avere le ali e i martiri dovevano tenere in mano gli strumenti del loro martirio); non dipingere figure nude (nel rispetto della "decenza"); non dipingere immagini pagane nelle scene religiose [Concilio di Trento, sessione XXV del 1563; Cardinale Paleotti, Discorso sulle immagini sacre e profane, 1582]. Troppi divieti. E le condanne per questo sono state tante!


La censura più famosa? Quella del Giudizio Universale dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina al Vaticano, decisa nel 1564: per i suoi critici l'artista aveva infranto tutte le regole, sia quelle della decenza sia quelle della dottrina cristiana. Qualcuno (papa Paolo IV Carafa, 1555-1559) ha perfino pensato di distruggere l'affresco, ma per fortuna poi i censori si sono limitati a far mettere le mutande ai personaggi nudi.

La censura più esagerata? Il processo del 1573 al pittore veneto Paolo Veronese, finito davanti al Tribunale dell'Inquisizione con l'accusa, gravissima, di eresia. La sua colpa? Aver rappresentato l'episodio dell'Ultima Cena in modo troppo diverso da come è descritto nel Vangelo.


Le censure più divertenti? Quelle fatte sui nudi dipinti o scolpiti dentro le chiese.

Un esempio sono gli affreschi di Adamo ed Eva (Tentazione e Cacciata dal Paradiso) nella Cappella Brancacci a Firenze, opera di Masolino e Masaccio (1426-27). Le "mutande" di foglie dipinte per coprire il sesso sono state tolte nei restauri del 1984-1988.

Altro esempio è la statua del Cristo Portacroce in Santa Maria sopra Minerva a Roma, creato da Michelangelo bello e nudo come un dio greco e poi pudicamente coperto da un perizoma in stucco dipinto.



Cose da Controriforma, direte voi. Be', è vero fino a un certo punto. Gli esperti che nel 2002 hanno restaurato la Cappella De Sylva, nella chiesa romana di Sant'Isidoro, hanno scoperto una cosa interessante a proposito delle camicie in bronzo che coprivano due Virtù di marmo ideate da Bernini.


La censura più ridicola? Quella di un quadro rappresentante Venere e Cupido, dipinto da Ridolfo del Ghirlandaio nel 1565 in base a un disegno di Michelangelo (ancora lui!): la povera Venere nell'Ottocento è stata coperta con dei vestitucci piuttosto bruttini e fuori moda, per la dea.


Autocensure? Qualche pittore si censurava da solo. Ad esempio Caravaggio, famoso perché molti suoi quadri sono stati rifiutati dai committenti (Caravaggio, una vita violenta).

In Giuditta che decapita Oloferne (Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica a Palazzo Barberini, del 1599/ 1600 circa) aveva dipinto l'eroina ebrea con i seni nudi; ma successivamente li aveva dovuti coprire, probabilmente per motivi di carattere morale. L'effetto finale, però, non è quello voluto dai suoi censori perché la camicia, aderente per il sudore, sottolinea in modo molto erotico le forme, senza nascondere nulla. Per questa volta, perciò, diciamo un grazie alla censura, perché ci ha regalato una delle più belle e sensuali immagini di donna della pittura moderna.

(Wikipedia, pubblico dominio)

E al giorno d'oggi?

Be', abbiamo due casi famosi.

Nel 2016 quando il presidente iraniano Rouhani è venuto in visita a Roma, hanno incartato dei nudi ai Musei Capitolini per non offendere la sensibilità dell'ospite.

Berlusconi invece nel 2008 ha fatto mettere il reggiseno alla nuda verità di Tiepolo per non offendere la sensibilità di non sappiamo chi.

Belle idee, vero?

Il fatto è che secondo noi i divieti stimolano la voglia di trasgressione. E allora forse è meglio non esagerare.

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